la storia

La Storia

L'avventura
Un progetto di riqualificazione durato diversi anni, in cui si è ricomposto un puzzle di tessere e frammenti di storia che il luogo raccontava; un vecchio "iazzo", diventato mattatoio negli anni '50 del novecento, aveva sulle spalle più di quarant'anni di abbandono; lo spazio esterno disegnava i recinti per la divisione degli animali, con muri crollati e divelti, l' erba infestante altissima, l'edificio di ricovero degli animali, completamente crollato, "la casina", dove soggiornavano i guardiani, aveva le basole divelte, il vecchio camino, diventato negli anni pollaio chiuso da una rete arrugginita.

La vecchia strada di accesso, solo pedonale, incuteva paura, non aveva nessuna illuminazione notturna, i vecchi del luogo la chiamano " la scinnuta di Pascale l'acciso" (avvenne l'omicidio di un certo Pasquale, durante un duro confronto tra due contadini).

Tutto faceva pensare che quel posto fosse stato abbandonato dagli uomini, ormai non più utile al vivere moderno, le condizioni a contorno non facevano prefigurare nulla di buono; un vecchio cartello vendesi scolorito dal tempo, non destava neanche più la curiosità dell'avventore.

Fu solo travalicando il cancello arrugginito, con un misto di paura e curiosità… un serpentello nero "scurzone" si aggirava come unico custode tra l'erba alta e secca, che muovemmo i primi passi, alti nell'andare, per abbassare le fronde, per capire meglio dove appoggiare il piede, tutto era sconnesso…

Un profumo di erba secca mi assale… un ricordo di passeggiate in campagna, fatte da bambino, ritorna violentemente nelle narici, nessun rumore di modernità, solo il mio incidere, solo i miei passi. Tutto ciò mi fa dimenticare che sono con altre persone, ma devo essere prudente, c'è mia moglie timorosa e piena di mille dubbi nel seguirmi. Per me no, non ci sono dubbi, devo andare fino in fondo, devo capire meglio questo luogo. Finalmente oltrepasso il muro di cinta demolito dal tempo, ne trovo uno più complicato da superare, fichi d'india pieni di spine mi dicevano di non andare oltre, forse non valeva la pena, mi abbasso su me stesso per intravedere oltre.. solo erba alta, da cui si scorge un edificio abbandonato, una vecchia porta in legno rotta mi invita a vedere che spazio c’è all’interno, forse sarà una volta a stella, forse una volte a botte o a padiglione, la curiosità mi assale il cuore è a mille devo vedere che impianto tipologico architettonico si nasconde, infondo i vecchi "iazzi" li avevo studiato all'università, questo è unico, posto nel bel mezzo del quartiere delle ceramiche. Vado.

Una corte si svela al mio sguardo, l'edificio ha la forma di un ferro di cavallo, un rudere che racconta la sapienza del vivere, tutti gli spazi sono affacciati nell'atrio interno, pochi muri rimasti in piedi, alzo gli occhi al cielo, un blu accecante di sole mediterraneo mi stordisce, fa caldo, l'erba alta mi punge sulle braccia scoperte, dentro c'è ombra, lì troverò rifugio e poi bisogna vedere che volte ci sono dentro, due ambienti sono rimasti in piedi, il resto crollato fa vedere a chiare lettere la sapienza costruttiva dei vecchi maestri, dentro le basole sono divelte dall'erba e dai vandali che ne hanno fatto un punto di isolamento per qualche momento di sballo…., alzo subito la testa per vedere se la struttura permette un' accesso in sicurezza, la volta a stella è integra, ancora bianca, il resto dei muri è pieno di scritte, disegni volgari….., voglio avere una visione d'insieme del lotto.. devo salire sul terrazzo, una scala dissestata ovviamente piena d'erba che rende il gradino un piano inclinato scoraggia la salita, sono catturato.

Mi aiuto con le mani spingo con i piedi e percorro i dieci scalini per salire sul terrazzo, anche questo pieno di erba secca che sta facendo infiltrare acqua nell'edificio, finalmente sono fuori…un posto mai visto, ma dove sono! Come è possibile che manchi alla mia conoscenza che reputo approfondita del centro storico, del quartiere delle ceramiche, questo non lo conoscevo, giro lo sguardo e uno spettacolo inaspettato si presenta, tutto il fianco del centro storico visto dal quartiere delle ceramiche mi inebria e mi stordisce, un brivido mi sale lungo la schiena, è la cupola di San Francesco de Geronimo con il suo campanile, il luogo di scorribande adolescenziali insieme ai gesuiti del santuario. Sono a casa, questa è la mia casa, questa sarà la mia casa.

Comincia così la sfida: far rivivere un luogo che tutti avevano abbandonato. La città si sviluppa altrove, il centro storico e il quartiere delle ceramiche ancor di più sono ai margini, sono periferia, sono scomodi, non si può arrivare con la macchina, è difficile montare un ascensore e poi i costi di ristrutturazione..

Per tutti questo mio desiderio è una follia, per me no, io sto bene in questo posto anche allo stato di rudere, va bene, trovo pace, sento gli odori sopiti dell'infanzia, i suoni degli uccelli mi fanno compagnia, per me va bene così, forse no… mi mancano le mie bambine, mi manca mia moglie, devo portali con me, dobbiamo vivere insieme, qua.